venerdì 10 settembre 2010

Lido Fattori - Ida (Esterina) Chiandini, Udine



Marito e moglie. Nati rispettivamente nel 1907 in via Planis e nel 1909 a San Gottardo. Residenti in via Franzolini UD.

Nastro 1998/19 - Lato A                                 30 ottobre 1998




Ida (Esterina) Chiandini e Lido Fattori, Udine. (Foto 30 ottobre 1998)
Fattori. [...] Quando sono arrivati i tedeschi noi siamo scappati prima. Ci si era organizzati, perché noi si aveva campagna, si era proprietari, in Planis, si avevano delle bestie.
C'erano anche dei parenti che facevano trasporti con i cavalli e allora hanno organizzato due carri centinati coi tendoni e in quei giorni di Caporetto siamo partiti coi carri fino a Montecatini, in tre famiglie. Ci abbiamo messo ventidue giorni. A tappe, perché fare gli Appennini...
02:38 Si aveva il terrore dei tedeschi, quella volta. I mezzi c'erano, e allora scappiamo!  (Audio su paura dei tedeschi)

Noi la possibilità l'avevamo, stavamo abbastanza bene, eravamo una famiglia non facoltosa, ma discreta. Si lavorava cinquanta campi in periferia di Udine [un campo friulano è di 3500 m. - tre campi un ettaro, circa].
Mio papà si chiamava Luigi Fattori, ma era già morto prima della ritirata, in una disgrazia. Perché c'era l'oscuramento in quel tempo e loro, di notte, in compagnia di tre amici venivano dalla Buona Vite, dal Giardin (Zardin), all'epoca piazza Umberto 1° [ora Primo Maggio].
Venivano giù dal liceo, in piazza Umberto 1° c'è un liceo là, no? E venivano dalla Buona Vite, per il vicolo dietro. C'era il ponte appena finito di costruire, senza parapetto. Oscuramento, di notte, questi quattro amici andavano a bere il caffè. Il povero mio papà è rimasto indietro per fare un bisogno e gli altri sono andati avanti. Scuro, una cosa e l'altra, invece di prendere il ponte è caduto nel fiume. Aveva 50 anni, 51 anni.
Nei pressi c'era il Comando supremo italiano, proprio al liceo; liceo che c'è tuttora, e di qua era Mattioni, quello dei vetri ... che adesso c'è la direzione militare, il Genio militare. Là c'è una turbina, perché questo fiume che viene giù, la Roggia, passa sotto e Mattioni aveva messo una turbina. [...]
Mio padre è andato giù ed è rimasto nella griglia della turbina. Vi erano di sentinella al Comando supremo gli alpini, e sentivano urlare, aiuto, tutta la notte. Hanno fatto di tutto, con le torce e tutto, perché la turbina è in fondo, sotto palazzo, ma non hanno potuto fare niente. Lui era morto, artigliato nella griglia della turbina. Una morte tremenda.
Per continuare il discorso di prima, siamo partiti senza il nonno, in tre famiglie.
La mia famiglia (il papà era morto ma c'era la mamma con tre figli), poi c'era la famiglia di Fattori Ferdinando (che era un fratello di Luigi) e quella di Francesco, che era l'ultimo fratello della serie dei Fattori e aveva i figli molto piccoli. Quando eravamo a tavola si era una media di 20-21 persone.
07:39 Si lavorava in gruppo; era un'azienda che aveva un battiferro con i magli, perché là c'era una cascata. Si facevano carri da trasporto per la provincia. L'attività principale non era la campagna, ma questa piccola azienda di carri da trasporto per tutta la provincia.
Quindi noi avevamo anche i mezzi per andar via.
Eravamo in sette per carro, mancava solo il bestiame ... ma ci avevamo messo dentro animali di ogni tipo, galline, oche e tutto quello che ci stava. Prendere e buttare dentro nei carri, il più possibile. Avevamo una cantina rifornita di tutto: buttar dentro tutto quello che si poteva buttar dentro.
09:58 E abbiamo fatto ventidue giorni di viaggio.
Da parecchi giorni si fiutava la situazione critica, perché si era al corrente, perché noi si vedeva di notte qua, per dire, che combattevano dopo Caporetto. Si vedevano le bombe scoppiare per aria. Si vedeva che combattevano e che venivano avanti...
11:00 Via Planis c'è ancora, ai piedi del cavalcavia che porta in via Cividale. La nostra casa è stata demolita nel 1936 quando hanno fatto il cavalcavia; casa, officina e tutto. Espropriato.
C'era il terrore, anche. Perché i tedeschi si sentiva dire che tagliavano ... che insomma uccidevano ... che tagliavano le mani, quella volta, come i serbi. E allora si aveva il terrore.  (Audio su paura dei tedeschi)
Quando siamo scappati ci siamo diretti verso il ponte del Tagliamento, a Pinzano, in mezzo alla truppa che si ritirava.
Le strade erano quelle che erano ... tra i civili, tra la truppa e una roba e l'altra. Un caos!
13:28 Il ponte era minato; noi siamo passati e il ponte, fortunati ... appena mezz'ora dopo l'han fatto saltare, con la gente sopra.
D. Ma lei l'ha visto?
R. Eh, no, eravamo già di là.
D. Perché siete andati a prendere il ponte a Pinzano invece che a Codroipo? Non era più corta per Codroipo?
No. L'itinerario era quello.
Dopo Pinzano abbiamo proseguito per Spilimbergo, Pordenone.
La strada di Codroipo era piena di truppe, non si poteva passare. Bisognava andare per le scorciatoie. C'era l'esercito completo che aveva intasato le strade.
D. Ricorda di aver visto un manifesto che invitava i civili a star calmi?
R. Sì, mi ricordo ... ma la paura non guardava il manifesto!
Ogni carro era trainato da due cavalli. Mi ricordo che avevamo dei vitelli; abbiamo ucciso un vitello e ce lo siamo divisi fra le tre famiglie, per il viaggio. E poi anitre, galline, zucchero. Insomma tanta roba.
D. E dormire, dove dormivate?
R. Nei carri, perché erano centinati. Mai abbiamo dormito per le case, mai. Me lo ricordo bene.
Sulla strada c'era un caos, anche passato il Tagliamento, perché tra l'esercito ... che era sciolto l'esercito ... tutto un caos. Fino sul Piave tutto un caos. Passato il Piave era una cosa più tranquilla.
La gente mentre facevamo gli Appennini ci guardava con meraviglia, erano sorpresi.
La strada non era asfaltata.
17:57 Itinerario. Da Planis a Spilimbergo, ponte di Pinzano, Pordenone e da là abbiamo preso la Nazionale fino sul Piave. Poi Treviso e direzione Bologna, dove mi ricordo anche il posto in cui ci siamo fermati. Perché per andare in Toscana bisogna andare per Bologna e poi abbiamo preso la Futa [?] e siamo arrivati fino a Montecatini, in viale Bicchierai, albergo La Giorgina.
I miei zii andavano sempre a villeggiare a Montecatini, a fare la cura delle acque e allora sapevano dove andare. Siamo stati in albergo, e non abbiamo fatto nessun lavoro. Davano quel piccolo sussidio a tutti i profughi e per il resto ci si arrangiava noi.
Mi viene in mente che finito l'armistizio, finita la guerra, siamo tornati con i carri e i cavalli, cavalli robusti, cavalli da trasporto.
[...]
Quando siamo partiti da Udine non erano ancora cadute bombe. C'era caos, quello sì, ma non bombe.
Soldati che arrivavano da Caporetto e Cividale. 
21:29 L'asse di scarico da Caporetto era via Cividale. Una massa che faceva paura.
Durante la guerra, prima di Caporetto, c'era stata da noi anche una compagnia di arditi, quelli che andavano all'assalto, quelli votati alla morte. Era venuta da noi, sostavano da noi. E dopo che sono partiti gli arditi hanno messo mucche da latte per dare agli ospedali; sempre là da noi, nelle stalle. Hanno messo 30-40 mucche di quelle olandesi.
22:58 Chiandini Ida, "ma sono più conosciuta come Esterina". Sono nata nel 1909 a S. Gottardo di Udine, in via Cividale, in fondo a via Cividale, quasi sul Torre.
Facevo la sarta. Ho lavorato 35 anni da Basevi, in via Mercato Vecchio, proprio in centro a Udine.
Da Basevi venivano a comprare giacche, pantaloni, vestiti e dopo si faceva la riparazione, perché o più larghi o più stretti, o corti o lunghi. Era un posto di lusso.
Mi hanno presa che lavoravo in fabbrica in via Micesio, sulla Roggia, sempre da Basevi, dove si facevano tutti i lavori specializzati di cucito, giacche, vestiti.
Ero molto giovane quando ho iniziato. Mi hanno tenuta senza libretti e dopo me li han fatti. Io li pretendevo.
Io non mi rendevo molto conto di quello che stava succedendo, nei giorni di Caporetto. Ero tanto giovane.
Noi siamo scappati. La decisione l'hanno presa mia mamma e mio papà che era a casa. Siamo scappati per la paura. Scappavano tutti.
26:44 Marito. C'era paura dei tedeschi, [si diceva] che sono cattivi. [Si aveva paura] di finir tagliati la gola; tanto è vero che a Udine sono rimasti in pochi, ognuno che poteva scappava.
D. Ma cosa avrebbero potuto farvi a voi, i tedeschi? Non eravate mica soldati?
R. Moglie. Niente, niente. Ma, quando si scappa così per questa confusione, guerra ... si va via a occhi chiusi.(Audio su paura dei tedeschi)  

E noi non avevamo carri.
Marito. Noi si costruiva i carri e vicino a noi c'era la famiglia Blasoni. Loro avevano l'agenzia di trasporto con i carri e ci hanno ceduto i carri.
I Blasoni poi sono venuti via anche loro.
Noi i carri li si vendeva per tutta la provincia. [...]
30:09 Moglie. Siamo scappati a piedi, io, mia madre e mio fratello che ora è morto. Marito. Loro scappavano tutti verso il ponte di Casarsa.
Moglie. A piedi, a piedi. Tanta strada che ho fatto. Mia madre mi trascinava, perché non potevo andare avanti, ero piccola proprio. Che brutti ricordi.
A Casarsa siamo riusciti a passare di là del ponte e mi ricordo che c'erano i militari sul ponte, e ci dicevano a noi: «Correte, correte, sennò saltate in aria». Perché loro dovevano far saltare il ponte. «Correte, Correte». Dio, Dio, Maria Santissima.
Eravamo io e mia mamma che si chiamava Tranquilla, il papà Giuseppe, Maria che poi è morta, appena ritornata a Udine. Eravamo in quattro della nostra famiglia.
Abbiamo lasciato sulla tavola, per scappare più in fretta, il maiale appena ucciso, che lo stavamo lavorando per preparare i salami. Lo abbiamo lasciato là sulla tavola, tutto.
Marito. Quello che non abbiamo portato via ... abbiamo lasciato la stalla aperta, e che vadano dove vogliono. I vitelli, liberi. Chissà chi li avrà presi. 
34:57 Era tutto un saccheggio, non dei tedeschi ma dei friulani!
A casa mia, per dire, si ha lasciato l'arredamento completo, tutto pieno. Siamo tornati dalla Toscana, da Montecatini e abbiamo trovato tutto svuotato, perfino i serramenti. E questo sono stati i locali. Noi siamo tornati dopo più di un anno. [...]
Moglie. Non abbiamo portato via niente [con noi]. C'era mia mamma che continuava a ripetermi: «Esterina, corri, corri, corri!». A piedi, ero sfinita. Si camminava un po' di qua e un po' di là. Tutti i carri erano pieni e noi a piedi, sfinita.
Marito. Si salvi chi può. Correvano anche per le campagne, dalla paura. [...]
Moglie. Una volta passato il Tagliamento, abbiamo preso il treno e siamo arrivati a Firenze.
38:41 Venivano in stazione ad aspettare questi profughi. Hanno preso la mia famiglia e ci hanno portati a Scandicci. C'erano degli incaricati apposta per i profughi che arrivavano. A Scandicci ci hanno messo a Villa Turri.
Mi ricordo che quando siamo arrivati, io perché ero giovane mi han messa seduta là. Non dovevo muovermi perché intanto loro andavano avanti fino a Villa Turri.
Mi son fermata a Scandicci e loro sono andati avanti con i più grandi. Avanti fino a Villa Turri, che era fuori di Scandicci. E io là, seduta sullo scalino di una casa che faceva angolo. Ero come una povera disperata, ma non piangevo; sapevo che sarebbero tornati a prendermi. C'era mia madre, c'era gente che mi conosceva...
A Villa Turri c'erano come delle case popolari. Erano tre quattro case, non era una villa, era una località di Scandicci. Dopo ci hanno sistemati loro, chi ci accompagnava. Erano là apposta, per sistemare i profughi. Ci hanno messo su una casa popolare, ma erano come delle villette, come quelle case popolari che sono a gruppo, come villette. Quello mi ha impressionato, proprio.
Eravamo assieme agli abitanti del posto. Non ci trattavano male. Per dir la verità noi siamo stati bene, là, benissimo.
Mi ricordo che mi han preso su là, dove ero seduta, dove mi avevano lasciato. Son venuti a prendermi e man mano che andavo avanti, su a Villa Turri, vedevo le ragazzine che giocavano a corda, facevano i salti, ognuno nel suo cortile.
Dopo giocavo anch'io. Si stava insieme ma c'è chi più o meno. Io ero tutta stupìta là, impaurita. Non ero tanto espansiva come loro. Però mai ci hanno trattati male perché eravamo profughi.
43:30 Marito. Mi ricordo di Montecatini. Ai bambini quando non ubbidivano o facevano i capricci gli dicevano: «Stai zitto sennò ti faccio mangiare da un profugo!».
Moglie. Ma quella là è la prima cosa che dicono, per far tacere i bambini!
Ma - insiste il marito - non erano tanto per la quale, perché non sapevano neanche dov'era il Friuli. Ci trattavano come i selvatici. Parlo come popolazione: ci consideravano come i servi, anche se eravamo in albergo.
Non sapevano neanche dov'era il Friuli, loro, e dicevano: «Ti faccio mangiare da un profugo». Sì, sì, con i bambini si giocava, ma dico, l'adulto aveva l'istinto di dire a questo bambino, per fare paura, che noi avremmo mangiato un bambino!
Moglie. Cosa vuole, i fiorentini hanno la lingua spiccia. Io però nel complesso non posso dir male.
La partenza, sì, è stato un brutto momento. Ho tanto sofferto. Perché mia mamma [...] tre figli trascinare a piedi.
Quando siamo partiti non pioveva, era bel tempo.
Mi ricordo che per me, che ero la più piccola, hanno fermato un carro. Ero a piedi, e questo ha fermato il carro per mettermi su. Ho trovato sempre brava gente.
Marito. Raccontare quelle faccende adesso è una pantomima. Essere in quel momento, col panico che c'era, un esercito che ormai era in disfatta...
Noi eravamo vicino al fronte, veniva giù a valanga, buono o cattivo. Facevano saccheggi anche i soldati, perché sbandati. Ormai erano come sciolti, massima gli arditi.
47:01 Altro che paura. Adesso sembra una favola. Il panico, sbandamenti, confusione, e gridare aiuto di qua, aiuto di là.
Robe, robe ... disfatta, una vera disfatta!

Nastro 1998/19 - Lato B

Moglie. Quando sono tornata a casa, la casa era in ordine.
Marito. Da voi! Perché da noi era il deserto! Era il deserto. Dalla moglie era una famiglia, una casa che aveva poco.
Al momento della partenza i soldati erano pieni di paura anche loro. Non c'era tempo di star a consigliarsi l'un con l'altro. Si salvi chi può, proprio così era, in quei giorni là.
51:08 Fin che non si passava il Tagliamento tutti se la facevano addosso, in parole povere. Per le campagne, anche i soldati sbandati, i delinquenti scappati dalle galere. S'immagini lei cos'era in quei giorni là.
Quelli che sono rimasti a casa sono stati meglio di quelli che sono scappati, perché erano senza scrupoli. Sono restati soltanto per questo: rischiar tutto pur [di appropriarsi della roba degli altri].
Però è vero che hanno patito la fame, perché era fame anche per i tedeschi. Mangiavano le patate crude, le carote. I soldati andavano per i campi, eh, arrangiarsi. E anche il cittadino, quello qua locale andava dal contadino e in qualche modo si è salvato: un pugno di farina di qua, o un uovo...
52:53 Ne ho conosciuti io di quelli che sono rimasti qua, che stavano meglio di prima. Sì, perché han fatto man bassa.
Moglie. Si son arrangiati, eh, altroché. Sono stati più loro che i tedeschi!
Marito. Perché a quelli che avevano la possibilità in famiglia, mobili antichi, non so io, le cantine piene, una roba e l'altra, hanno fatto razzia di tutto. No i tedeschi, gli italiani locali, cittadini.
Hanno avuto il tempo per tutto il periodo che sono rimasti qua i tedeschi. Andavano piano a saccheggiare, perché avevano tutto il tempo che volevano, perché i tedeschi se ne strafottevano della roba, non vedevano l'ora di andare sul Piave e occupare l'Italia, non stare per le case.
I tedeschi hanno ammazzato, ma non saccheggiato!

L'intervista è stata utilizzata nel volume IN FUGA DAI TEDESCHI

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